Il presidente dell’amministrazione provinciale è assente e teorizza lontano da Brindisi che se la sua Provincia sarà abolita, allora meglio una Puglia divisa in due, e apre le porte alla Regione Salento. La cosa non dispiace al Pdl, quasi in contatto telepatico, che in aula sostiene la stessa tesi. C’è un ordine del giorno contro il taglio della Provincia di Brindisi, ma in realtà il clima è da funerale anticipato, anche perchè il Pd si dice assolutamente contrario alla divisione della Puglia. Ravviva la seduta lo scontro verbale tra Ciro Argese, capogruppo Udc, e il presidente di turno del consiglio, Cosimo Ferretti (Pdl), il quale secondo Argese non potrebbe esprimere giudizi politici sul tema. Leggi tutto su BrindisiReport
Un'intero ceto politico provinciale rischia di non avere più poltrone. E quindi cosa s'inventano? Addirittura una nuova Regione. Un ulteriore Giunta con Presidente regionale e 10-12 assessori, ulteriori consiglieri regionali (con annesse indennità), ulteriori servizi ed uffici regionali (e periferici), ulteriori auto blu e benefits vari. E, comunque, le Province di Brindisi-Taranto e Lecce resterebbero.
Giusto per risparmiare. Solo una domanda, data anche la profonda crisi economica del territorio delle attuali province di Brindisi, Lecce e Taranto e date le sempre minori risorse che lo Stato centrale destina agli enti territoriali: Chi pagherebbe tutto questo?
Ecco cosa prevede la Costituzione in merito alla creazione di nuove Regioni:
ART. 132
Si può, con legge costituzionale, sentiti i Consigli regionali, disporre la fusione di Regioni esistenti o la creazione di nuove Regioni con un minimo di un milione di abitanti, quando ne facciano richiesta tanti Consigli comunali che rappresentino almeno un terzo delle popolazioni interessate, e la proposta sia approvata con referendum dalla maggioranza delle popolazioni stesse.
ART. 138
Le leggi di revisione della Costituzione e le altre leggi costituzionali sono adottate da ciascuna Camera con due successive deliberazioni ad intervallo non minore di tre mesi, e sono approvate a maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera nella seconda votazione.
Le leggi stesse sono sottoposte a referendum popolare quando, entro tre mesi dalla loro pubblicazione, ne facciano domanda un quinto dei membri di una Camera o cinquecentomila elettori o cinque Consigli regionali. La legge sottoposta a referendum non è promulgata, se non è approvata dalla maggioranza dei voti validi.
Siamo alla pazzia totale!
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