Il 2 giugno di 65 anni fa si celebrarono libere elezioni, le prime dal 1924. Avevano diritto di voto tutti gli italiani maggiorenni (allora a 21 anni di età), maschi e, per la prima volta nella storia d’Italia, votarono anche le donne.
Agli elettori vennero consegnate due schede: una per la scelta fra Monarchia e Repubblica, e l’altra per l'elezione dei deputati dell'Assemblea Costituente, a cui sarebbe stato affidato il compito di scrivere la Costituzione del nuovo Stato democratico. Vinse la Repubblica.
La Costituzione nacque dalla collaborazione di tutte le forze democratiche che si erano opposte alla dittatura fascista. Forze che avevano una visione opposta del mondo si sedettero allo stesso tavola per scrivere le regole della convivenza comune di tutti, per riscrivere ed ampliare i diritti che il fascismo aveva cancellato, per ricostruire insieme una pagina di libertà e di democrazia che per tanti anni il fascismo aveva strappato agli italiani.
Vi invito a riascoltare questo bellissimo discorso del grande Piero Calamandrei, proprio sulla nostra Costituzione.
Buona festa della Repubblica.
W la repubblica, w la democrazia, w la libertà!
RispondiEliminap.s. avvisate il blog di stefano menga che siamo nel 2011 e non nel 2006
più o meno come i dotti dirigenti comunali, abili nel copia incolla
RispondiEliminaPer conoscere
RispondiEliminaFratelli d'Italia
IL CANTO DEGLI ITALIANI
Il testo, la storia, il significato dell'Inno Nazionale della Repubblica Italiana
“Tutti gli uomini di una nazione sono chiamati, per la legge di Dio e dell’umanità, ad essere uguali e fratelli” (Giuseppe Mazzini).
Ed è appunto chiamandoli “fratelli” che Mameli (convinto e coerente mazziniano) rivolge agli Italiani il Canto a loro dedicato.
Oggi l’Italia, lungi ormai dall’essere “calpesta e derisa”, è una realtà fuori discussione; come fuori discussione sono l’unità della Patria, la sua indipendenza, la sua democrazia, la sua Costituzione repubblicana. Per questo, oggi, può risultare difficile comprendere fino in fondo l’emozione e la speranza che quel “fratelli” era in grado di suscitare nei patrioti risorgimentali.
Ma nel 1847, quando il ventenne Goffredo Mameli scrisse il Canto degli Italiani (è questo il titolo originale di Fratelli d’Italia), l’Italia come la conosciamo noi era ancora un sogno, un’utopia. La Penisola era politicamente frammentata in una congerie di stati e staterelli, soggetti ai governi oscurantisti e illiberali imposti nel 1815 dal Congresso di Vienna. “L’Italia”, sosteneva sprezzantemente Metternich, era solo “un’espressione geografica”.
Il Canto degli Italiani, invece, già con quel “fratelli” iniziale, dichiarava che l’Italia aveva il dovere morale di essere unita e che per i suoi figli era giunta l’ora di tornare ad essere popolo.
Tutto l’Inno è improntato al messaggio mazziniano. Innazitutto, l’unità d’Italia. Puntigliosamente illustrata rievocando significativi momenti storici delle sue diverse aree“dall’Alpi a Sicilia”. E la stessa ampiezza dello sguardo suggerisce che il “fondersi insieme”non deve tradursi in un appiattimento che dimentichi o sopprima il grande patrimonio delle diverse realtà regionali.
Diceva Mazzini, “l’istituzione repubblicana è la sola che assicuri questo avvenire”. E l’Inno è profondamente repubblicano: la Lega Lombarda, Ferrucci, il Balilla, i modelli d’azione che Mameli elenca nella quarta strofa, sono sì esempi di lotta contro lo straniero, ma sono anche l’istituzione repubblicana che combatte il governo monarchico. Così come tra le glorie di Roma (ricordate con qualche concessione alla retorica, come voleva lo spirito dei tempi) viene esaltato “Scipio”, il condottiero repubblicano Scipione l’Africano, e non Giulio Cesare o un imperatore.
Sotto il profilo puramente estetico è inevitabile rilevare delle pecche tanto nei versi che nella melodia dell’Inno. Ma a dispetto delle sue lacune artistiche, Fratelli d’Italia riesce inequivocabilmente a coinvolgere emotivamente gli ascoltatori, a far vibrare quel sentimento di appartenenza a una nazione che nasce da una lunga storia comune e che spinge a superare le diversità e le divisioni. Ne era ben cosciente Giuseppe Verdi, che nel 1864 lo inserì con laMarsigliese e il God Save the King nel suo Inno delle Nazioni. E ancora oggi, a più di centocinquant’anni dalla sua nascita, con la sincerità dei suoi intenti, con il suo impeto giovanile, con la sua manifesta commozione, l’Inno di Mameli continua a toccare quella corda dentro di noi che ci fa sentire ovunque siamo – ovunque siate – fratelli d’Italia.
Saluti, Gaspare
Grazie a Gaspare per aver allegato quest'analisi.
RispondiElimina@ 1: un errore di battitura può capitare. Andiamo alla sostanza, l'importante è celebrare insieme, tutti gli Italiani senza divisioni, questa data storica, tra l'altro nel 150esimo anniversario dell'Unità Italia.
ok ha corretto
RispondiEliminaL'anonimo del 02 giugno 2011 14:02 ha scritto: p.s. avvisate il blog di stefano menga che siamo nel 2011 e non nel 2006
RispondiEliminaCosa significa? C'era la dittatura nel 2006?
Saluti, Gaspare