sabato 27 ottobre 2012

Avviene a Ceglie, cassa integrazione legittima ma ...



Una storia che ci ha raccontato ieri un articolo della Gazzetta del Mezzogiorno.





CASSA INTEGRAZIONE LEGITTIMA MA IL GIUDICE DISPONE IL PROCESSO

Per il giudice del lavoro, ed anche per l’Inps, che non ha appellato la sentenza facendola diventare definitiva, due giovani cegliesi hanno pienamente diritto alla cassa integrazione. Non è dello stesso avviso il giudice per le indagini preliminari Paola Liaci che ha andato a giudizio madre, figlio e nuora per indebita percezione di denaro pubblico. Vicenda singolare, indubbiamente. Anche se un giudizio civile non necessariamente può modificare il corso di quello penale. Ma in questo caso il “nonsense” è più che mai evidente.

I fatti. Una signora di Ceglie Messapica è titolare di una piccola azienda sartoriale. Dà lavoro al figlio e alla nuora, regolarmente assunti. La crisi si abbatte su questa azienda familiare e i due dipendenti-figli vengono messi in cassa integrazione. Nel frattempo, come viene documentato in sede di procedimento civile, questa azienda riceve una commessa. I due tornano al lavoro e la cassa integrazione viene interrotta per il periodo che hanno ripreso l’attività.

Il capannone che ospita l’azienda è molto grande. Nella parte posteriore la signora di Ceglie ha un piccolo laboratorio. Quando arrivano gli ispettori del lavoro per un controllo trovano i due giovani che stanno dando una mano alla madre. Verbalizzano che stanno lavorando nonostante siano in cassa integrazione. Risultato: madre, figlio e nuora vengono iscritti nel registro degli indagati della Procura, mentre l’Inps sospende l’erogazione della cassa integrazione e chiede la restituzione di quanto già pagato.

Si affidano all’avvocato Maria Antonietta Spalluti che ricorre al giudice del lavoro Raffaella Brocca. Il giudice riconosce il diritto dei due giovani alla cassa integrazione ritenendo che stessero dando una mano alla madre invalida civile al centro per cento e non che ci fosse un rapporto di lavoro e condanna l’Inps che, come detto, non ricorre in Appello facendo diventare definitiva la sentenza.

Il procedimento penale va avanti, l’avv. Spalluti deposita al pm Savina Toscano la sentenza del giudice del lavoro. Ma la richiesta di giudizio viene fatta ugualmente. E non solo: il gup li ha rinviati a giudizio e ora dovranno essere giudicati dal tribunale penale collegiale.



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