giovedì 22 settembre 2011

L'unico contento è il sindaco di Ceglie ...

Si continua a parlare di Patto di stabilità, a cui tutti gli enti territoriali devono attenersi per il loro equilibrio di bilancio. Da un lato, il Governo nazionale sforbicia pesantemente i finanziamenti agli enti locali (Comuni e Province, per non parlare delle Regioni) che quindi hanno meno soldi per finanziare i propri servizi ai cittadini (strade, opere pubbliche, servizi sociali, istruzione, ecc.).

Dall’altro, a causa del patto di stabilità interno (cioè dei vincoli di spesa imposti da Roma) vengono posti limiti all’uso dei soldi di cui il Comune dispone. Pena, in caso di sforamento, un pesante taglio ulteriore ai finanziamenti trasferiti da Roma a quel Comune o a quella Provincia.


Come funzione il Patto?

Praticamente il Comune deve garantirsi, in ogni esercizio finanziario, introiti finanziari pari ai pagamenti che deve effettuare. Se vuole spendere 100, deve incassare 100, ogni anno. Non può cioè fare affidamento sui suoi “risparmi” accumulati negli anni. Quindi, anche se ha “in banca” 1.000 come attivo accumulato negli anni, non potrà usarli. Per mantenere l’equilibrio (e non essere sanzionato con ulteriori tagli) potrà capitare che sia costretto a tagliare i servizi ai cittadini o ad aumentare le tasse. Pur avendo i soldi.


Il problema si presenta quando si tratta di opere che per essere realizzate necessitano di tempo e che vengono quindi approvate in esercizi finanziari precedenti. Se si realizza ad esempio un’opera pubblica che costa 300 e occorrono 3 anni per completarla, non importa se, quando ha avviato l’opera, quei 300 il Comune li avesse già da parte.

I pagamenti avverranno negli anni successivi e per quel periodo successivo, il Comune dovrà garantire un livello di entrate (cioè provenienti dalle tasse e dalle tariffe) pari ai pagamenti che è tenuto a fare. Se queste entrate diminuiscono (ad esempio a causa del minore reddito delle persone e del taglio marziale ai trasferimenti dallo Stato) , e non potendo il Comune fare affidamento sui soldi in attivo che ha depositati – cosa farà? Interromperà i lavori? O taglierà i servizi per poter garantire il pagamento?

Spesso, proprio per questo motivo, gli enti rinviano i pagamenti al periodo successivo (e bisogna aggiungere le penali conseguenti, quindi più soldi da pagare). La conseguenza è che le aziende a cui sono stati commissionati i lavori vengono lasciate “in attesa” del pagamento, a tempo non prevedibile. Queste, a loro volta, non possono pagare i loro dipendenti e operai e, purtroppo, in molti casi vengono rovinate. Un meccanismo diabolico. E intanto il Comune continua ad avere in cassa i soldi che consentirebbero di pagare. Ma non può usarli.


Sindaci brindisini in rivolta

Anche quando l’attuale amministrazione comunale si insediò, iniziò a girare la voce che avessero trovato 800.000 euro di debiti fuori bilancio per lavori gia' eseguiti ma non coperti finanziariamente. Naturalmente c’entrava il discorso sul Patto di stabilità. Ma forse non ne erano informati.

Ne parliamo perché ieri, sul Quotidiano, abbiamo letto della protesta di tutti i sindaci della provincia che, tra i pesanti tagli statali e il patto di stabilità, annunciano tutti un anno nero con un possibile taglio brutale ai servizi per i cittadini (strade, scuole, mense e trasporti).

Ad esempio, a proposito del Comune di Francavilla Fontana, leggiamo:


Molte amministrazioni devono affrontare situazioni paradossali. Solo così si possono descrivere quattro milioni e duecentomila euro di avanzo che non possono essere utilizzati. E’ quanto accade a Francavilla Fontana. “Ho fatto il sindaco per 15 anni – racconta – Vincenzo Della Corte – e non ho mai vissuto un periodo tanto duro. A volte è difficile non cedere allo sconforto. Siamo riusciti ad avere finanziamenti per 14 milioni di euro, ma non possiamo appaltarli prima della fine dell’anno, altrimenti sforeremmo il patto di stabilità. I progetti più importanti che abbiamo in cantiere sono il palazzetto dello sport e palazzo imperiali. Abbiamo trovato un accordo che ci consente di terminare i lavori e pagare tutto entro febbraio dell’anno prossimo. Siamo molto preoccupati per i servizi sociali. I cittadini non hanno ancora contezza degli effetti della manovra, ce l’avranno il prossimo anno”.


E a Ceglie Messapica?


Il coro dei primi cittadini che chiede, con allarme e con urgenza, la riforma del Patto è unanime. O quasi. L’unico contento, tra i sindaci brindisini, sembra essere il sindaco di Ceglie, che ritiene una “fortuna” il Patto di stabilità, così com’è congegnato oggi.


“Luigi Caroli ha un’opinione particolare per quanto riguarda il patto di stabilità, in netta controtendenza rispetto ai suoi colleghi: “Per fortuna abbiamo avuto il patto, altrimenti c’è chi si sarebbe venduto anche i Comuni. Noi faremo di tutto per non tagliare i servizi, ma credo sia importante la collaborazione dei cittadini”. Il sindaco Caroli, in effetti, lancia un appello, soprattutto ai dipendenti pubblici.: “Da loro più che dagli altri, ci si dovrebbe aspettare riconoscenza, per il fatto che possono contare sui posti di lavoro ‘intoccabili’. Ebbene dimostrino questa gratitudine in questo momento di difficoltà, con la produttività e la razionalizzazione della spesa”.


Sarà contento lui. Non so quanto lo saremo noi cegliesi. Lo constateremo a breve quando vedremo le nuove tasse.

Per non parlare di chi la dura "legge" del Patto di stabilità l’ha già dovuta constatare. Sulla propria pelle.




8 commenti:

  1. chissà che si dice in grecia

    RispondiElimina
  2. anche dopo la tua esaustiva spiegazione del patto di stabilità non penso che il Ns Sindaco abbia capito a cosa si riferisca.

    RispondiElimina
  3. Comunque parlare è sempre troppo facile, bisogna starci dentro per capire.

    RispondiElimina
  4. SEI SICURO CHE CHI CI STA DENTRO NE CAPISCE BENISSIMO?

    RispondiElimina
  5. Se mi permette vorrei fare un a precisazione oltre a ciò che lei correttamente ha già relazionato, il patto di stabilità e bene anche dirlo non è una invenzione di Roma ma sono regole ferree inposta dalla Comunità Europea dove tutti i stati menbri hanno provveduto ad applicare, in effetti è una regola ragioneristica un po contorta e fallimentare ma ha anche un senso logico. Tenga presente che in Italia la politica nazionale e locale di destra di sinistra e di centro, ha operato solo ed esclusivamente affinchè tutti i risultati ottenuti portassero voti in più per i loro rappresentanti e le loro liste, incuranti di quanto quelle stesse azioni utili sarebbero costate alla comunità. Le faccio un esempio magari a tema ma non corrispondente a realtà.... se un ente pubblico, un bel giorno decide di costruire un'ospedale in un comprensorio territoriale dove sono già presenti 4 strutture ospedaliere in discrete condizioni sia in senso operativo che in senso strutturale, la prima cosa che dovrebbe fare è vedere quanto costa questa nuova struttura e verificare se nelle proprie casse ci sono entrate sufficenti e se la dismissione delle strutture già esistenti possono portare risparmi che in una maniera o nell'atra riescano ad autofinanziare la nuova opera. Se la risposta è positiva si programma l'operazione e la si rende operativa e tutti sanno che data la bontà del progetto in senso tecnico ed economico non subirà nessun ostacolo, ma se come avviene per il 99% dei casi la risposta è negativa, quel bel progetto ma evidentemente inopportuno, dovrebbe essere bocciato e riposto in un cassetto in attesa di tempi migliori.... in Italia invece questo non avviene per una serie di vicissitudini che adesso non sto a raccontare ma che tutti sappiamo..... in questo frangente una amministrazione magari alla fine del suo mandato per costruire l'opera per dimostrare che qualcosa ha fatto è "costretta" a verificare se c'è la possibilità a ricorre a finanziamenti derivante da mutuo presso qualunque istituto bancario o dalla Cassa Depositi e Prestiti (strada molto più semplice e veloce dati i residui di cassa positivi che attualmente gli enti pubblici possiedono) ma l'ente in quel caso è coscenti che quei lavori subiranno dei blocchi per il patto di stabilità in quanto quel mutuo comporta un'aumento di spesa in conto capitale. Oppure "soluzione ottimale" di adopera per mette in campo una certa azione che metta in condizioni l'ente stesso di reperire fondi dalla comunità europea o dallo stato (strada difficilissima da percorrere in quanto non immediatamente esecutiva poichè quei fondi hanno cadenze annuali quinquennale e adirittura decennali e comunque seguono assi di intervento prestabilite in più si aggiunge per molti enti la effetiva carenza di attività progettuale utile per reperimento fondi comunitari) ed essere sicuri che quel finanziamento incide minimante sull'aumento delle spese in conto capitale e quindi non pregiudicherà il pagamento delle fatture all'impresa che ha eseguito i lavori. Secondo voi quell'Amministrazione cosa fa? La risposta non la voglio dire io anche se è immaginabile ma andate a vedere sul sito della Provincia di Brindisi dove la politica attuata dovrebbe essere un'esempio per tutti i futuri amministratori (affermazione di Casini riportata su una testata giornalistica a tiratura nazionale) e verificate le aggiuducazioni di tutte le gare d'appalto finanziate da nutuo (e quindi prossime e certe al blocco per il patto di stabilità) e quante sono state finanziate con il reperimento di fondi comuninitari (che non suburanno certamente nessun blocco per il patto di stabilita). Con tutto quanto su menzionato voglio solo dire che se la politica in Italia funzionasse seriamente probabilmente il patto di stabilità sarebbe solo un problema marginale e facilmente superabile come è accaduto in Germania Francia e altre nazioni, in Italia invece non è cosi e il motivo lo sapete già.

    RispondiElimina
  6. Ti ringrazio innanzitutto per il tuo contributo argomentato alla discussione.

    Solo alcune precisazioni/integrazioni.
    Dobbiamo distinguere il patto di stabilità e crescita (a cui fai riferimento all’inizio) che è un accordo internazionale tra gli Stati della zona UE per il controllo delle politiche di bilancio nazionali, dal Patto di stabilità interno che, all’interno del primo, mira essenzialmente a tenere sotto controllo l’indebitamento complessivo delle pubbliche amministrazioni presenti nel territorio nazionale. Nel post parliamo di quest'ultimo.

    Questo anche alla luce dell’art. 117 della nostra Costituzione che prevede tra le altre cose, il principio dell’armonizzazione dei bilanci pubblici e il coordinamento della finanza pubblica. Da qui il potere dello stato di fissare i principi generali di tale coordinamento finanziario in riferimento a Regioni, Province e Comuni.

    Rispetto all’ultima parte del commento nella quale si fa riferimento ai fondi comunitari (in particolar modo citi la programmazione della Provincia) bisogna ricordare alcune cose. Calcolando che una parte essenziale delle attività degli enti territoriali (Regioni ed enti locali) trova risorse proprio nei fondi messi a disposizione dalla UE (i noti “POR), c’è da ricordare che fino a qualche settimana fa, la quota di co-finanziamento regionale agli stessi POR era calcolata nel totale delle “uscite” del bilancio regionale ai fini del calcolo relativo al Patto di stabilità interno.

    Ciò creava il paradosso che le Regioni destinatarie dei Por spesso, pur avendo progetti in favore del territorio e avendo programmato investimenti, decidessero di non usare quei fondi per non sforare questo benedetto Patto di stabilità interno. E non usando quei fondi, questi andavano irrimediabilmente perduti.
    Per qualche anno in primis le Regioni destinatarie dei Por, in primis la Puglia, hanno chiesto al Governo la revisione del meccanismo del patto, con la “nettizzazione” della quota regionale Por (cioè di non calcolarla, visto che sono risorse destinate allo sviluppo del territorio e dei servizi) ai fini del Patto.

    Solo con l’ultima manovra, il governo e il parlamento hanno acconsentito alla riforma. Una scelta che non può che essere valutata positivamente. E che forse si sarebbe dovuto decidere prima.

    RispondiElimina
  7. vista la vostra "informazione"
    giustificate allora come mai, in Puglia,... interi capannoni industriali finanziati con i soldi POR da voi citati... per milioni di euro... non sono mai stati realizzati...
    e la Guardia di Finanza sta cercando i "latitanti" in Brasile ?

    oppure... come mai grosse Multinazionali, con i fondi POR, hanno acquistato attrezzature per milioni di euro... e dopo 2 anni se le sono portate all' estero... delocalizzando ???

    la verità e che il Patto di Stabilità... cercava di "bloccare" queste forti speculazioni.... ma "i furbetti" al solito... tempo debito... han fatto i loro comodi...
    ed ora noi ne paghiamo le conseguenze.

    a voler fare le cose per bene... si doveva agire con i controlli già dal 2000... ossia da 11 anni fa... non dal 2007... sei anni in cui chi ha potuto... ha fatto... e non solo in Puglia ma in tutte le Regioni Obiettivo 1

    RispondiElimina
  8. I fatti che tu citi non attengono all'argomento politico e giuridico che stiamo trattando.
    Hanno a che fare con comportamenti in elusione alla legge che giustamente vengono perseguiti (come tu stesso ribadisci).

    Oppure, stando sempre a quello che citi, a comportamenti che comportano il ritiro immediato dei fondi comunitari. Cioè, se un'azienda (multinazionale o meno) riceve dei fondi POR (diretti alle aree più deboli, quali il Mezzogiorno) e li usa per investimenti all'estero, ciò causerebbe la revoca immediata del finanziamento comunitario, oltre ad eventuali altre conseguenze.

    Tra l'altro tutto ciò che hai citato sarebbe avvenuto nonostante le precedenti modalità del patto di stabilità.

    RispondiElimina