sabato 2 luglio 2011

UNA FIACCOLATA PER PIERPAOLO

Giovedì sera si è svolta a Roma la fiaccolata «Per non morire più di lavoro», in memoria di Pierpaolo Faggiano. L’iniziativa è stata promossa dai freelance e collaboratori dell’Associazione stampa romana, dalla Federazione nazionale della stampa e dalla Commissione lavoro autonomo del Lazio.


Nel video potete vedere il servizio del tg di RaiNews24 dedicato alla manifestazione.




Allego il testo del volantino distribuito nell’occasione alla gente comune.

Morire a 41 anni di “lavoro” precario
Fiaccole in ricordo di Pierpaolo

Dieci giorni fa si è suicidato un nostro collega pugliese, Pierpaolo Faggiano, giornalista precario. Non conosciamo i motivi di un gesto così disperato. Conosciamo, però, il suo disagio, che è anche di noi altri, “liberi” professionisti e precari dell’informazione umiliati da compensi non adeguati al lavoro svolto e da condizioni di lavoro che spesso offendono anche la nostra dignità.
Pierpaolo era corrispondente di un quotidiano locale. A 41 anni lavorava senza contratto, pagato a cottimo: 6 euro ad articolo. Nella speranza di essere assunto e avere una paga decente a fine mese. Prima o poi…

Il nostro dolore
Per una volta abbiamo deciso di non essere solo “macchina” di notizie, come accade spesso nel nostro mestiere. A riflettori spenti, in un giorno qualsiasi, vogliamo ricordare Pierpaolo con una fiaccolata ed esprimere il nostro dolore per una vita finita troppo presto e il peso di una solitudine che ci accomuna. Pierpaolo era uno di noi, con le stesse paure e le stesse speranze.

Giornalisti invisibili
Siamo più della metà dei giornalisti italiani, circa 24 mila (rispetto ai 20 mila colleghi assunti a tempo indeterminato). Le nostre firme sono sulle principali testate italiane. Contribuiamo per oltre il 50% alla realizzazione di quotidiani, periodici, radio, tv, online.
Eppure siamo invisibili.
Lavoriamo in trincea, fuori dalle redazioni, senza contratto, pagati a pezzo con compensi irrisori, a volte di pochi euro e ricevuti a distanza di mesi.
Professionisti che svolgono solo questo mestiere e guadagnano cinquemila euro lordi l´anno, pur lavorando, non in modo saltuario, per testate nazionali.
Il precariato sottopagato non è più limitato al “periodo di prova”, ma può durare una vita intera, rubandoci i sogni, il futuro e a volte anche la dignità umana, prima che professionale.

Come lavoriamo ogni giorno…
A 40 e più anni correre tutto il giorno a caccia di notizie per garantire ai cittadini un bene primario come l’informazione.
Articoli commissionati ma mai pubblicati e quindi non pagati: lavoro buttato.
Di rimborsi spese -per telefonate, luce, computer, spostamenti ecc. - nemmeno a parlarne.
La pensione? È un miraggio.
Lavorare come matti, anche 12-13 ore al giorno, senza tutele contrattuali, previdenziali, assicurative. Con la paura di essere “scaricati” da un giorno all’altro per far posto a chi accetta di essere pagato ancora meno.
Se chiediamo di essere pagati in tempi umani o protestiamo perché ci riducono un compenso già irrisorio rischiamo di non lavorare più.
Se la testata chiude o decide di non aver più bisogno della nostra collaborazione siamo senza ammortizzatori sociali.

Un’informazione sotto ricatto è un gravissimo danno non solo per i giornalisti, ma anche per i cittadini e per la democrazia.



1 commento:

  1. E’ un piacere e dovere non dimenticare chi ha sofferto, soffre e soffrirà le mancanze di questa società malata, alla fiaccolata ci sono pure io con il cuore.

    M’associo al vostro dolore, Pierpaolo è anche operaio, impiegato, direttore ecc. tutti i settori hanno il loro Pierpaolo.

    Diversi Governi si sono succeduti e nessuno ha saputo attuare una politica di lavoro in grado di far convivere interesse e dignità umana.

    Provato e sofferto e soffriamo il selvaggio sistema, visto l’incapacità e la debole reazione del popolo a mettere fine al tiranno metodo, chi meglio del giornalismo potrebbe capovolgere? Esso, il giornalismo è stato ed è l’arma che supera ogni altra tecnologicamente creata, esso colpisce in ogni luogo, può devastare o fare bene.

    Se il nostro giornalismo è in bene, deve rimboccarsi le maniche e strutturarsi in un unico corpo, deve diventare la punta della lancia, ogni piccola spinta deve creare un buco allo scudo dell’oppressore, sempre e in ogni caso fino alla soluzione del problema.

    La soluzione non è nella bandiera o colore di un partito, essa dipende molto da ognuno di noi.

    Gli amministratori sono il riflesso del popolo, loro sono candidati ed eletti in base al nostro essere e aspirazioni quindi, cari giornalisti, stimolate il popolo a darvi energia nella vera e giusta comunicazione affinché esso sappia essere ed emanare aspirazioni in grado di candidare ed eleggere persone capaci e umane per amministrare la nostra Italia.

    Saluti, Gaspare

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